Pindaya - Kalaw
L'unica
volta che mi sarei svegliato presto pur di uscire in fretta
da quel letto umido, la sveglia non è fissata ad orari antelucani...
Salutiamo il freddo resort (che comunque con il bel tempo e il caldo
deve essere spettacolare anche se immagino leggermente infestato di
zanzare) e dopo pochi km di viaggio ci fermiamo già per una sosta votata
alla visita di un tipico villaggio della regione Shan. Il villaggio
(chiamato Khaung Daing)
basa la sua economia quasi completamente sulla
coltivazione della soia e dei ceci e quasi ogni famiglia è coinvolta in
qualche modo in una delle fasi della lavorazione. Le case sono quasi
tutte in legno/bambù,
si vede girare qualche bicicletta e per strada
giocano allegri i bambini
con le biglie di vetro come si faceva noi da
piccoli sulla spiaggia. Pur immaginando che la vita non debba essere
facilissima, non si avverte mai una sensazione di povertà o di miseria,
ma anzi di tranquillità e di essere in pace con sé stessi (il segreto
sarà in quello che fumano
? :-) ) godendosi quel
poco che si ha. Come sempre sorrisi e ringraziamenti accompagnano i
nostri doni di shampoo, sapone, doccia schiuma che abbiamo imparato
essere molto apprezzati e che la sera prima saccheggiamo regolarmente
dall'hotel di turno (anche i campioncini di profumi sono molto
"richiesti"; fatene scorta prima di partire e renderete felici
moltissime bambine o donne).
Proseguiamo il nostro viaggio sulle
solite "mega-autostrade"
a 5 corsie :-) e ogni sosta è una
piacevole sorpresa: nella cittadina di Aung-Ban ci riforniamo di
mandarini e thè nero, in una "fattoria"
una gentilissima famiglia ci
mostra il suo orto privato dove coltiva peperoncini e frumento (e dove
un bambino frastornato
non riesce a capacitarsi che mi sia tolto di
testa il mio cappellino per regalarglielo); infine ci fermiamo per fare
2 scatti alla processione
di locali che vestiti a festa si recano nel
vicino villaggio sede di una festa (farsi 10 km a piedi per un evento
del genere è cosa normale).
Dopo un ottimo pranzo al ristorante
Memento (dato il nome è giusto "ricordarsene") ci dirigiamo a Pindaya
famosa per le sue grotte
che in tempi antichi furono usate come
"magazzino" per stipare centinaia e centinaia di statue di Buddha di
tutte le forme e dimensioni. Ancora oggi i pellegrini contribuiscono ad
aumentare questo numero che ormai è arrivato a quota 8000 circa.
L'interno della grotta principale è stupefacente, già vuota sarebbe uno
spettacolo naturale, riempita di tutte quelle statue e sapientemente
illuminata rende ancora di più. Ci "perdiamo" tra numerosi passaggi,
strette scalinate e cunicoli che si aprono in inaspettate sale.
Verso
la strada per Kalaw, il paese dove pernotteremo, ci attende un altro
laboratorio artigiano, quello della carta di gelso e degli ombrelli. A
parte la lavorazione della carta di gelso già di per sé impegnativa, ci
colpisce la maestria con
la quale costruiscono ogni singolo pezzo degli
ombrelli, dal manico intarsiato con un tornio a pedale ai raggi, al
meccanismo di chiusura tutto in legno e lavorato a mano. E quando ti
chiedono 1000 kyat (poco più di MEZZO EURO) per un tale lavoro ti viene
quasi la vergogna a pagare così poco...
Arriviamo all'hotel (il
Top Hill Villa
di Kalaw) con una
temperatura ancora più bassa del giorno prima (Kalaw è a 1300 mt, la
mattina ho visto su un termometro 5 gradi, presumo che la notte sia
andato vicino allo zero) e pur essendoci questa volta delle stufette
elettriche in camera (ma con un timer che dopo pochi minuti le stacca)
la sera e la notte passano simile alla precedente (cena senza togliersi
maglioni e giacca, bottiglia acqua calda nel letto, n coperte, ecc).