Kyoto

Giorno 9

Con un viaggio di circa 2 ore su un treno espresso raggiungiamo Kyoto e lasciate le valigie nell’attiguo hotel della stazione (l’ottimo Granvia Hotel dove mi omaggiano anche di un upgrade ad una categoria di camera all’ultimo piano), decidiamo di visitare un tempio che nel mio passato viaggio avevo già visto ma solo di notte, il Kiyomizudera Temple. Dopo un viaggio in autobus pigiati come sardine, anche la via che porta al tempio (un’interminabile processione di negozi di souvenir e dolci) e il tempio stesso è strapieno di turisti e ciò toglie un po’ di atmosfera e di fascino.

Una volta usciti percorriamo tutta una serie di vicoli e stradine che percorrono l’area di Higashiyama, passando davanti ad altri famosi templi come il Ryozen Kannon, il Kodaijik, il sontuoso Chion-in (dove sentiamo una moglie in trentino stretto rimproverare il povero marito) fino a un enorme torij davanti al museo municipale dove riprendiamo il bus di ritorno per casa. Alla sera incontriamo per la prima volta gli amici Hiroshi e Toshie che ci ospiteranno nei prossimi tre giorni e ceniamo insieme in un ristorante Teppanyaki (il Himorogi dentro l’Hotel Brighton) dove al pari del Gozambo di 2 anni fa, gusto una delle migliori cene di sempre (ma questa volta pagando io capisco cosa significa qui in Giappone una cena di classe !!! per pudore e vergogna ometto la cifra…)

Giorni 10..12

(vedi Onomichi... e Hiroshima-Miyajima...)

Giorno 13

Trequarti della giornata se ne va tra la partenza da Onomichi e il viaggio di ritorno a Kyoto. Per le prossime 4 notti prenderemo alloggio all’Hyatt Regency, un ottimo albergo abbastanza vicino alla Stazione (tre fermate di autobus che si ferma proprio davanti) e volendo con ottimi ristoranti all’interno (anche se molto cari). Attaccato all’hotel sorge il tempio di Sanjusangen-do famoso per le sue 1001 statue di Kannon (purtroppo non fotografabili) che vegliano la statua principale raffigurata con 1000 braccia; il tutto nella piú lunga struttura di legno, dicono, del mondo.

Giorno 14

Ci alziamo con il sole e ciò mi rallegra in quanto la prima tappa dopo la solita colazione da Starbucks è il Tempio Kikaku-ji detto anche del Padiglione d’Oro: le foglie d’oro che rivestono la struttura a tre ordini immersa in uno splendido giardino e adagiata sulle rive di un laghetto non sarebbero infatti così splendenti e luccicanti in una giornata nuvolosa. Successivamente è la volta del tempio Ryoan-ji, famoso per il suo giardino roccioso Zen che però mi lascia abbastanza deluso e indifferente (ci rifaremo domani nel Daitoku-ji). Raggiungiamo quindi la “Stazione” di Ryoan-ji (una pensilina stile fermata autobus) e con un treno più piccolo di un tram raggiungiamo il quartiere di Arashiyama dove siamo curiosi di visitare un boschetto di bambú e dove, visto che siam qui, non ci facciamo mancare un altro tempio, il Tenryu-ji. Il quartiere è molto carino da percorrere a piedi ed è infatti meta di gite domenicali di molti abitanti di Kyoto.

Decidiamo di tornare in “centro” con un lungo tragitto in autobus (più rapido sarebbe stato con la JR) e scendiamo ai piedi del Santuario Yasaka da dove parte una lunga via piena di negozi turistici. Ci infiliamo in due shopping Arcade parallele (dove sfidando rumore e fumo entriamo persino in una Sala Pachinko per girare un mini-video) e concludiamo la giornata cenando in un locale nel famoso Vicolo Pontocho, una volta solo una striscia di sabbia lungo il fiume con molte sale ochaya di legno e oggi invece un brulicare di neon e ristoranti.

Giorno 15

Ormai abbiamo imparato che in Giappone il tempo è estremamente variabile e quindi se ieri c’era il sole, era ovvio che oggi avrebbe piovuto! La visita del Castello di Nijo avviene infatti sotto un forte acquazzone ma per fortuna è all’interno che si possono ammirare splendide pitture (anche se dal soggetto un po’ monotono) e sentire le assi di legno del pavimento “cantare” al nostro passaggio come uccellini (i famosi “pavimenti dell’usignolo” usati come antifurto notturno contro i malintenzionati). Successivamente, non paghi dei giardini Zen di ieri, raggiungiamo il tempio Daitoku-ji che è un complesso di tanti templi (non tutti visitabili) ognuno dei quali con stupendi giardini, sale da tè e molti anche con giardini rocciosi. Il più famoso è il Daisen-In che però personalmente non consiglio di visitare (anche per lo stupido divieto di fotografare), mentre invece al suo posto consiglio lo splendido Ryogen-in dove ci sono giardini rocciosi molto più belli tra i quali anche il più piccolo del Giappone. E’ comunque incredibile come entrati in questi posti ti sembra di essere lontani mille miglia dal traffico e dal caos cittadino che invece sono al di là del muro di cinta e come veramente una pace interiore ti entri dentro solo pochi minuti dopo esserti seduto all’interno di questi luoghi.

Al pomeriggio gli amici giapponesi ci hanno organizzato attività separate: io andrò a provare la Supercar di Hiroshi (una Nissan GTR da 3,5 secondi nel 0-100kmh) mentre Silvia con Toshie si dedicherà allo shopping nel più famoso negozio di Tè verde (Ippodo) e poi nel Kyoto Handicraft Center, sette piani di souvenir ma anche di pregiati pezzi di artigianato locale.

Concludiamo la sera cenando per una volta in hotel dove bevo uno dei peggiori vini della mia vita (un Cabernet made in USA che sembra più marmellata di ciliegie liquida da tanto dolciastro è…).

Giorno 16

Teoricamente oggi era prevista una gita fuori porta a Nara, prima capitale del Giappone e famosa per i suoi templi e parchi. Ma visto che templi ne abbiamo visti a sufficienza, a Miyajima ci siamo tolti la curiosità dei cervi e daini “domestici” e che dopo 16 giorni siamo abbastanza stanchi, rinunciamo alla trasferta lasciandocela (insieme a Kamakura) per una prossima volta (si dice sempre così…).

Decidiamo quindi di fare un giretto al Nikishi Market, il “reparto gastronomia” di Kyoto, un mercato dove non si trova solo pesce ma tutte le specialità culinarie locali, molte delle quali per noi assolutamente sconosciute.

Torniamo quindi nel quartiere di Gion visitando meglio il Santuario Yasaka e camminando per i vecchi vicoli fino all’omonima Pagoda ridiscendendo quindi fino al Gion Corner (non ho capito perché così famoso visto che non c’è niente). Ripercorriamo quindi la via delle Maiko (molto meno suggestiva di giorno con le lanterne rosse spente che di sera) e torniamo in hotel per preparare le valigie per il ritorno.

Alla sera l’ultima cena è degna di questo nome: gli amici ci portano in un esclusivo ristorante giapponese (il Kinobu) dove abbiamo una saletta riservata con tanto di giardino-veranda privato e dove mangiamo (serviti in modo eccezionale) sicuramente il miglior pasto tradizionale giapponese del nostro viaggio (questa volta non pago io e non vorrei sapere il prezzo del conto…). Alla fine le signore che ci hanno servito insieme alla proprietaria ci accompagneranno sulla strada e non rientreranno finché noi non avremmo girato l’angolo (e complice le due bottiglie di ottimo vino francese in corpo, mi diverto a fingere la svolta con grande ilarità di Hiroshi!)

Giorno 17

Siamo giunti alla conclusione del nostro viaggio nipponico. Con un treno espresso in un’ora e mezzo raggiungiamo l’aeroporto Kansai di Osaka dove al check-in Alitalia siamo subito trasportati nella nostra realtá: non si capisce dove inizia la coda, che invece essere ordinata e precisa come eravamo ormai abituati, è un multi-serpentone che finisce in una strozzatura dove si fa a chi passa prima (secondo me è un buon training per molti giapponesi che verranno a visitare il nostro paese, altrimenti lo choc sarebbe troppo grande :-) ).

Il giudizio finale sul viaggio è tutto sommato positivo anche se il cielo quasi sempre grigio non ha sicuramente appagato la mia sete fotografica. Dovessi riorganizzare il viaggio probabilmente lo sposterei di un mese in avanti (fine ottobre, inizio novembre) in quanto troppo spesso mi sono trovato a immaginare quanto più belli sarebbero stati i paesaggi con i colori autunnali. Oppure ovviamente nel periodo della “sakura” (fioritura dei ciliegi) dove però i prezzi di voli e hotel sono molto piú alti.

Una scusa per tornarci quindi ? Non saprei… il Giappone è uno dei pochi posti dove tornavo per la seconda volta ed ho capito che non sono tipo da “torniamoci ancora…”; vedere cose già viste e riscoprire usi e abitudini già conosciuti toglie molto al fattore sorpresa ed esco quindi con l’opinione rinforzata che con tutto il mondo da vedere, tornare due volte nello stesso posto è quasi un delitto.

Un grosso “Arigato gozaimasu” comunque a tutte le persone (oltre che a Hiroshi e Toshie) che con la loro gentilezza non ci hanno mai fatto sentire degli stranieri Gaijin.