Great Ocean Road
Alzataccia alle 5.15 per prendere il volo Sydney-Melbourne (rivelatasi poi
troppo anticipata, abbiamo capito che i voli domestici sono per loro come
prendere il bus e basta poco anticipo). Arriviamo a Melbourne e ritiriamo presso
il rent car Avis la nostra prima vettura, un Toyota Corolla 3 volumi che ci
accompagnerà per quasi 2200 km tra il Victoria e il South Australia (con anche
l’intermezzo thriller di non trovare più la patente davanti al desk, che era
caduta in terra e si mimetizzava camaleonticamente con il linoleum del
pavimento).
I primi km con la guida a sinistra procedono facilmente avendo 100 km di
autostrada a tre corsie fino a Torquay: tutti procedono religiosamente senza
superare di un briciolo il limite e sembra quasi di viaggiare in monorotaia.
Da qui in poi inizia la Great Ocean Road, una strada panoramica che costeggia
l’Oceano donandoci spettacolari scorci. Ogni tanto scorgiamo qualche focolaio di
incendio ed il fumo che invade la strada, ma sono tutti incendi programmati per
limitare gli effetti di quelli veri che avvengono in estate. Quando ci stavamo
chiedendo se avessimo saltato la tappa più famosa, ovvero quella dei “Dodici
Apostoli” (una serie di faraglioni che realmente sono rimasti solo 6), ecco il
cartello che li preannuncia e come botta di c… ci arriviamo a una decina di
minuti dal tramonto. Raffica di foto di rito e poi via al nostro primo motel che
dista solo una decina di km (a Port Campbell).
Non disponendo di un ristorante, facciamo due passi in città dove entriamo in un
locale che sembra offrire un po’ di tutto e ci imbattiamo per la prima volta
nella strana (per noi) procedura di andare al banco, ordinare il cibo, pagare (e
se poi ti viene voglia di un dolce?? rifai la fila), andare al banco del bar,
ordinare le bevande (birra al 99%), pagare (e se poi ti viene voglia di una
seconda??), e finalmente portarsi al tavolo un numero con il quale la cameriera
ti porterà le tue vivande. Mah!!
Il salmone con riso tandoori e i felafel con insalata erano anche buoni, i
decibel causati dagli altri clienti, elevatissimi.
Sistemazione dignitosa per una tappa di passaggio. Classica “cabin” stile motel
americano con grande vano formato da stanza da letto e cucinino. Bagno molto
grande e pulito e doccia calda ed efficiente. A 5 minuti di cammino il paesino
di Port Campbell con diverse possibilità di cenare e di fare colazione. Macchina
parcheggiata proprio davanti alla porta per un comodo carico di bagagli.
The Grampians
Alla mattina dopo una delle tante colazioni nelle bakery che faremo (“Two Long
Black Coffees small + 2 Muffins”, 18/20$) ritorniamo per un attimo agli apostoli
scendendo fino in spiaggia e poi percorrendo la costa (visitando il Grand Arch
ma per motivi di tempo saltando London bridge e Grotto) fino a Port Fairly che
ci avevano annunciato essere un “deliziosa cittadina di mare”! Ma de che ? Noi
abbiamo solo trovato una strada con qualche negozio stile main road di qualche
ghost town western. Va beh! Ci facciamo preparare due sandwich in cui vengono
infilati 7, 8 kg di pollo (impossibile da mordere visto l’altezza che raggiunge)
e prendiamo in direzione nord con meta Halls Gap. Siamo nel Parco Nazionale dei
Grampians, che alterna strade tra i boschi a panorami montani, sinceramente
nulla di eccezionale. La zona deve essere molto bella fermandosi qualche giorno
e facendo passeggiate per salire i vari picchi. Essendo autunno speravo almeno
in un foliage sui toni del giallo/rosso come siamo abituati noi, ma invece qui è
ancora tutto verde (e non penso cambi più avanti). Al tourist office, una
simpatica signora che ha studiato a Perugia e non vede l’ora di rispolverare il
suo italiano, ci consiglia di andare a vedere la cascata McKenzie Fall e se
riusciamo al tramonto salire al Reid Lookout. Eseguiamo alla perfezione e appena
scompare l’ultimo mm di sole dietro il monte ce ne scappiamo al nostro motel
visto che “...it’s fucking freezing”
Questa volta siamo fortunati e abbiamo a 2 passi il Darcy Restaurant
specializzato in Stone Grill, ovvero pietanze che ti autocucini su una pietra
rovente che ti portano sul tavolo. Imparata la tecnica il filetto Wagyu è
stato veramente spettacolare (e anche economico se confrontato con un caffè o
una bottiglietta d’acqua).
Ci capita una camera proprio nell’angolo, l’unica senza il suo parcheggio
davanti e le sedie stile veranda davanti alla porta. Dentro è un po’ fredda ma
comunque molto grande e funzionale. Buffo che sia dotata di un’enorme vasca SPA
idromassaggio nel bagno che però non funziona e con un cartello che dice: “a
causa della siccità e per motivi ambientali, bla bla… e comunque non lamentatevi
perché quando avete prenotato la camera non era menzionata” :-)
Punto a sfavore il Wi-Fi attivo solo per un’ora e oltretutto solo per un device.
South Australia
Ci svegliamo con il ticchettio della pioggia sui vetri e come se non bastasse
quando metto fuori il naso dalla camera per caricare le valigie in macchina
vengono “fulminato” da una inaspettata botta di freddo! Sono 8 gradi (contro i
26 di ieri!), fortuna che nelle nostre due nuove valigione da 30kg abbiamo
infilato dal piumino al costume da bagno! Altra colazione “al banco” in un cafè
locale e poi via per una lunghissima cavalcata di 550km che ci deve portare a
Victor Harbour, tappa notturna forzata perché per riuscire a prendere il
traghetto per Kangaroo Island si sarebbe dovuto sforare di molto il limite
(purtroppo fissato solo a 110km).
Il viaggio procede abbastanza noioso e spesso sotto la pioggia. Il paesaggio è
un misto di rurale inframezzato ogni tanto da qualche paese, che viste le
dimensioni del font sulla mappa ti immagini come minimo una metropoli, mentre in
realtà è la solita main-street con distributore di benzina, negozio di
alimentari, chiesa (ma non sempre), bar con insegna della birra locale (quello
sempre) e qualche abitazione. In uno di questi (Tintinara) pranziamo con il
solito sandwich ham & cheese, e preparato dalla “vecchia” proprietaria quasi con
fastidio visto che è domenica e sarebbe aperta solo per il caffè (i 25$ con
bibita comunque non li disdegna).
Arriviamo a Victor Harbour ancora sotto la pioggia e al freddo e ci sembra di
essere in una delle nostre località marine nella stagione sbagliata (avete
presente Caorle a novembre… un po’ triste).
Giriamo in macchina per il lungomare e l’unico sussulto ce lo dà un
bell’arcobaleno sul mare. La quantità di locali e le numerose case di
villeggiatura (chiuse) ci fanno comunque capire che in estate deve essere una
meta molto frequentata e viva. Per fortuna qualche locale aperto per cenare lo
troviamo, tra questi scegliamo il Beach House che orgogliosamente esibisce di
essere l’unico con il forno a legna per la pizza. A parte districarsi tra
ingredienti improbabili tra cui l’ananas è quello più normale, e di intuire il
diametro espresso in pollici (why?? se tutto il resto è in chilometri e
litri!!), la pizza è mangiabile e ci sfama.
Classico motel di provincia con reception all’entrata e portico dove lasciare la
macchina senza bagnarsi. Stanza nella norma con (prima volta che ci capita) una
coperta elettrica. Bagno vetusto con tenda nella doccia e niente bagnoschiuma,
però una buona e affidabile Wi-Fi. A distanza ravvicinata dal centro del paese e
dal resto dei locali.