Atterrati di sera a Merida (capitale dello Yucatan) dopo 12 ore di volo e dopo una
notte semi-insonne (dovuta alle 7 ore di differenza di fuso), il giorno successivo
siamo partiti alla volta della nostra prima metà: Chichen Itza. In pullman
abbiamo fatto conoscenza con la nostra "guida locale parlante italiano"
(come si definiva lui ironicamente): Shibata. Un autentico maya con tutte le caratteristiche
somatiche tipiche degli abitanti di quella regione: piccolo, scuro, senza collo
e glabro. Essendo un appassionato astronomo (con le mance si sta costruendo un piccolo
osservatorio su una collina) è stato facile per lui spiegarci per filo e per segno
come gran parte dei siti che avremmo visitato hanno un fortissimo legame con l'astronomia,
scienza nella quale i Maya erano avanzatissimi.
Attualmente la zona archeologica di Chichen Itzà comprende circa trenta costruzioni
visibili, sulle oltre cento che si sospetta siano ancora immerse nella boscaglia.
Il primo complesso che si offre alla vista appena varcato
l’ingresso è il Juego de la Pelota, nel nucleo tolteco ad ovest della spianata
del Castillo. L’area da gioco è costituita da un rettangolo delimitato da due muri
alti e paralleli, al cui centro, in alto sono inseriti due anelli di pietra in cui
giocatori-officianti dovevano lanciare la palla servendosi solo di fianchi, gomiti
e ginocchia. L’ ampia superficie muraria è adornata di bassorilievi rappresentanti
scene di gioco e di sacrificio, mentre le estremità del campo sono costituite da
due tribune. Quella a nord è particolarmente interessante, in quanto presenta dei
bassorilievi raffiguranti lo "spirito della terra” nell’atto di generare alberi,
animali e fiori. Nel parco di X-Caret ho potuto assistere
ad una rappresentazione di una "partita" di pelota, comprendendo come
questo campo fosse solo simbolico ed assolutamente inadatto al gioco vero e proprio.
Sicuramente il campo di Uxmal è molto più "reale"
L’edificio più importante dell’intero complesso è il Castillo (nome improprio
dato dagli Spagnoli conquistatori) che domina la piana: la piramide visibile racchiude
in sé una costruzione precedente, alta 17 metri, sormontata da un tempio a due vani
in cui sono stati ritrovati una statua di Chac-Mool e il trono/giaguaro in pietra.
La piramide esterna è a pianta quadrata: sull’ultimo dei nove piani si erge il tempio,
circondato da una galleria e da un portico in cui l’ingresso principale è segnato
da due colonne a forma di serpente. La piramide è connessa al culto del sole e all’osservazione
astronomica, come rivela il complesso simbolismo che governa le proporzioni stesse
della costruzione: le quattro gradinate, composte complessivamente di 364 scalini,
sommate alla piattaforma superiore sono 365 come i giorni dell’anno solare. Ogni
facciata presenta 52 pannelli come gli anni del secolo tolteco, mentre i
nove piani della piramide, idealmente divisi dalle scalinate, originano 18 elementi
corrispondenti ai mesi del calendario azteco. Il monumento, oltre a essere un luogo
di culto, funzionava come una gigantesca meridiana che assolveva alle necessità
pratiche della popolazione: per i contadini erano necessari i suggerimenti dei sacerdoti
astronomi per sapere quando seminare e sfruttare così i possibili periodi di pioggia,
mentre per i naviganti erano indispensabili informazioni sulle fasi lunari e sulle
eclissi per poter evitare le tempeste. Il rilevamento della posizione del sole nei
confronti della piramide risponde contemporaneamente a un criterio di alta spettacolarità:nei
giorni equinoziali (noi eravamo lì il 15 marzo quindi 6 giorni prima dell'equinozio
primaverile) uno straordinario gioco di ombre sul corpo della piramide delinea il
profilo di un gigantesco serpente lungo la scalinata principale del tempio.
Di fronte al Castillo si trovano il Complesso delle mille colonne e il Tempio
dei guerrieri. Quest’ultimo deve il suo nome al guerriero in costume tolteco
scolpiti sui pilastri del portico che lo precede e su quelli che sostenevano il
tetto del tempio. Le mille colonne sono le rovine di immensi saloni ipostili. Le
colonne in pietra sono costituite da fusti squadrati o rotondi, spesso scolpiti
in bassorilievo.
Proseguendo verso sudovest, la costruzione più significativa è il Caracol,
un edificio a pianta circolare con un diametro di 11 metri, al cui interno si trova
una scala a chiocciola (caracol) da cui è tratto il nome attuale. Frutto di più
fasi costruttive, è un edificio a due piani, in cui la stanza superiore presenta
sette strettissime finestre, probabilmente orientate per poter determinare solstizi
ed equinozi.
Il decoro esterno è di chiara ispirazione maya (mascheroni del dio del a pioggia
Chac e una forma umana circondata da più piume) mentre il terrapieno sottostante
mostra serpenti piumati e teste di guerriero ascrivibili alla tradizione tolteca.
Particolare di un "mascherone"
|
L'Osservatorio astronomico
Manufatti ritrovati nel sito
|
|
|