Fra le centinaia di isole che compongono l'arcipelago delle Piccole Antille, Antigua
si distingue per le sue coste frastagliate e ricche di insenature profonde, spesso
protette da estesi reef corallini, per la sua dolce orografia, per il suo clima
secco (anche se un paio di acquazzoni belli forti li abbiamo presi) e mite.
Raggiungiamo la meta dopo un volo che fa scalo a La Romana (Repubblica Domenicana)
e che sembra eterno... (in tutto tra venti contrari e sosta più di 13 ore !! il
ritorno diretto invece sarà solo di 8 ore). Ci accoglie la simpatica Daniela T.
e stanchi morti (mai dormire se si vola verso ovest!) raggiungiamo l'hotel e sprofondiamo
nell'enorme letto king-size.
I 3 giorni successivi li trascorriamo in
pieno relax sulla spiaggia del Jolly Beach e nei suoi dintorni; una delle cose che
mi è piaciuta maggiormente è proprio la possibilità di raggiungere spiagge
letteralmente deserte facendo solo pochi minuti di camminata. Le spiagge infatti
si susseguono interrotte da piccoli promontori che si possono facilmente aggirare
percorrendo sentierini ben segnati dove è
facile incontrare
fauna (cavalli, capre, mucche) e flora (dai cactus alle palme) di tutti i tipi.
Non che la spiaggia dell'hotel fosse affollata stile Rimini, anzi, bastava allontanarsi
di 100 mt. dalla piscina e dal bar dove sostano la maggior parte dei turisti (quasi
esclusivamente americani e italiani) per essere comunque abbastanza isolato (vedere
questa foto per
capire dalle nostre sdraio quanto appiccicati eravamo...anche questo è il bello
dei Caraibi). Ad Antigua le spiagge sono tutte pubbliche e questo è molto bello,
in quanto anche il più esclusivo e raffinato hotel non può impedire a te o all'abitante
locale di godersi un bel posto senza essere un super ricco...
Due parole sul Jolly Beach Resort
(sito ufficiale):
offre tutto quello che promette e per essere un 3 stelle non è affatto male. Le
camere sono forse il suo punto dolente... le cosiddette "Supersaver" sono
dei loculi con il letto e una fila di piastrelle intorno, su cui camminare; le "standard"
(dove eravamo noi) sono piccoline -ma come si dice in questi casi- "funzionali",
ovvero vanno benissimo per passarci una settimana; le "superior" dovrebbero
essere migliori ma non le ho viste... La cucina è buona offrendo oltre al solito
buffet con cucina internazionale altri 3 ristoranti (indiano, caraibico e "italiano",
ovvero se siete italiani lasciate perdere!). Le piscine sono molto grandi e belle,
ma come ho detto è soprattutto la grande spiaggia il punto di forza. L'acqua del
mare ha un bel colore ma non si può dire che sia trasparente. Il moto ondoso infatti
alza parecchia sospensione di sabbia bianca e quindi nei primi metri sembra di immergersi
in un liquido lattiginoso (comunque pulito).
Al quarto giorno decido di provare a fare qualche immersione anche se per
quanto avevo letto e anche da alcuni commenti di altri ospiti le aspettative non
erano del tutto rosee. Invece devo dire che le due immersioni che ho fatto (Lobster
Point e Bush Garden) non sono state niente male. Con una barchetta in 25 minuti
abbiamo raggiunto la parte sud dell'isola (quella con il fondale maggiormente corallino)
e ho potuto godere dello spettacolo delle più grandi aragoste che abbia mai visto
in vita mia, nonché di due squali (un gray shark di media taglia e uno squalo nutrice
tirato fuori per la coda dalla tana dal divemaster... tsk, tsk... non si fa !!)
Certo non siamo ai livelli di Sharm o delle Maldive, comunque la barriera è abbastanza
viva e qualche pescetto tropicale colorato si fa vedere. Unica nota dolente alla
quale non avevo mai pensato: le unità di misura !! Dopo aver caricato la cintura
della zavorra completamente a caso (ogni piombo erano 3 Lb, ma chi si ricordava
quanto era un pound ??), aver fatto il briefing sentendo che ci saremmo trovati
a 80 feet di profondità, che l'acqua era sui 78 F° e aver visto che il manometro
(made in Italy!!) segnava 3000 Psi (invece che 200 atm), ebbene dopo che il divemaster
(un bianco americano) non ha saputo tradurmi neppure uno di questi valori l'ho allegramente
mandato a fanc...
Gli ultimi 3 giorni sono stati invece
dedicati alle gite "fuori porta". Durante il primo abbiamo girato l'isola
grazie alla gentilezza di Daniela T. che con la sua mitica Nissan ci ha praticamente
fatto fare il periplo dell'isola facendoci fermare nei punti più famosi e belli
(NB. eravamo "raccomandati" in quanto conosceva Daniela R. e noi
ci siamo aggregati...non è che lo fa con tutti, eh ?). Le strade ad Antigua sono
tutto meno che "scorrevoli", le buche più piccole sono crateri che neanche
su Marte la sonda Spirit ha dovuto superare ! Metteteci inoltre la guida a sinistra
(spesso incrociata per evitare le buche) e "l'anda" piuttosto allegra
dei guidatori locali (Daniela compresa...) e ne ricaverete che il noleggio di una
macchina è da considerare cautamente!! (scherzi a parte prendetevi una jeep e raggiungerete
posti incredibili...).
Evitata per un pelo una strage di capre che avevano la colpa di non
essersi mosse dopo un decimo di secondo dal nostro suono del clacson, abbiamo fatto
la prima tappa a English Harbour, un ricco porto dove approdano yacht e barche
a vela di facoltosi possidenti. Visitiamo (entrando gratuitamente in quanto siamo
la "family" di "faccia-di-tolla-Daniela") il Nelson's Dockyard,
la vecchia base navale dell'ammiraglio Nelson all'epoca della canna da zucchero:
perfettamente conservato mantiene ancora intatto il fascino dell'epoca. Successivamente
saliamo a Cape Shirley (pagando l'entrata del parco ??? ma figurarsi...siamo
o non siamo la "family" ?) un promontorio dal quale si gode di un favoloso
panorama sulla costa meridionale e su Mamora Bay e che termina in un complesso fortificato
chiamato Fort Shirley.
Successivamente ci dirigiamo verso una delle spiagge
più belle dell'isola (se non la più bella): Half Moon Bay, ma purtroppo la
sorte non ci è propizia e un fronte nuvoloso fantozziano (con relativa secchiata
d'acqua) ci sorprende proprio quando già gustavamo un bagno nelle limpide acque...
sarà per la prossima volta. Ci aspetta però un favoloso ristorantino (Harmony Hall)
di proprietà di un simpatico napoletano che gode di una posizione geografica invidiabile
(solito bellissimo panorama su una baia) ma soprattutto di un'ottima cucina italiana
a base di pesce. Purtroppo io e Silvia non siamo al top della forma con lo stomaco
(comunque grazie mille a quell' "amoooore" di Massimo che si prodiga per
cercarci qualcosa di leggero...), ma ci rifacciamo gli occhi con Daniela R. che
spolpa un'aragosta come neanche Pappalardo sull'isola dei famosi dopo giorni di
digiuno!! Si riparte alla volta di altre spiagge, baie e altri hotel che visitiamo
incuriositi (bellissimo il The Inn gestito da italiani, un po' meno il Pineapple
e il Sandals che anche se lussuoso sa troppo da honeymoon americana...), per scoprire
infine che anche ad Antigua esiste il traffico (rimaniamo semi-intasati nei pressi
di Saint John). Grazie di nuovo a Daniela T. per la bella giornata.
Il giorno successivo lo dedichiamo alla
visita di Barbuda (che trovi descritto ampiamente qui),
mentre la mattina dell'ultimo giorno alla visita della capitale Saint John,
che sinceramente offre ben poco se non una cattedrale anglicana molto ben conservata
con interni lignei e il caratteristico mercato pubblico della frutta e della carne
frequentato solo da locali (fa un po' effetto essere l'unico viso pallido...). Da
evitare come la peste invece Heritage Quay, un centro commerciale con negozi moderni
e di lusso appositamente costruito per i turisti che scendono dalle enormi navi
da crociera che spesso fanno scalo ad Antigua.
Un'ultima considerazione sugli abitanti locali: non vi aspettate i sorrisi
dei tailandesi o la solarità dei sudamericani ispanici... rimarrete molto delusi!
Gli antiguani (al pari di molte altre popolazioni dei Caraibi inglesi) sono molto
chiusi e riservati, tanto da risultare a prima vista quasi scontrosi se non addirittura
maleducati (non aspettatevi spesso un "your welcome" in risposta al vostro
"thank you"). Difficilmente si riesce a instaurare un dialogo o un rapporto
occasionale, ma questo è il loro modo di essere. Di sicuro sono di indole "pigra"
e se possono evitare di fare uno sforzo di troppo, state tranquilli che lo faranno.
C'è poi da considerare che gli italiani, al confronto ad esempio con gli americani,
non sono certo molto ben visti e la ragione è semplice: raramente lasciamo mance
(penso perchè non siamo abituati, non perchè siamo tutti tirchi...) e purtroppo
sono ancora molti i nostri connazionali che pensano che la conoscenza della lingua
inglese sia un optional e che tutto il mondo debba sforzarci di comprenderci nel
nostro idioma.
|