Il blog di Sandro Rizzetto

Perché ho scelto i pedali flat al posto dei clipless SPD

 

Uno degli argomenti di discussione preferita con amici che provengono dal mondo "muscolare" e soprattutto da quello XC è convincerli che i pedali Flat non sono il male assoluto e che possono essere presi benissimo in considerazione al posto dei clipless detti anche SPD (gli altri argomenti di solito sono le ebike, i tubeless, il reggisella telescopico, il peso). È ovvio che se il tuo mondo è quello delle tutine in latex, dei nipples in ergal per risparmiare 4 o 5 grammi e dei KOM su Strava in salita, allora sarà molto difficile convincerti e forse non ha neanche senso. Ma se consideri la [E]-MTB un mezzo per il fun e non l'agonismo, se fai qualche trail mediamente tecnico e non solo forestali o roba super-flow, allora prova a continuare a leggere senza pregiudizi.

Disclaimer: non dico che IN ASSOLUTO i flat sono meglio o più sicuri; il fatto che in Coppa del Mondo di DH quasi tutti usino i clipless o che gente super-forte come @SteveUde faccia passaggi pazzeschi con questi pedali mi smentirebbe all'istante. Detto in altri termini, citando il manifesto sottostante, essere pro-flat non significa essere anti-clipless e criticare o demonizzare uno dei due sistemi non aiuta la crescita del nostro amato sport.

Premetto subito che ho usato i pedali spd fin dagli albori della prima MTB (primi anni 90) e che mi ritenevo ormai "un asso" a sganciare e riagganciare in nanosecondi e salvandomi sempre "al pelo" nei passaggi cruciali. Anche quando entrai nel mondo "dell'enduro" con la prima Cube Stereo la equipaggia con dei bei pedali XT e non ci pensai fino ad un primo corso didattico (2014) dove mi accorsi di essere uno dei pochi ad averli e soprattutto con il trainer che mi fece notare alcuni miei tentennamenti in fase di partenza da fermo su ripidoni o gradoni. Sempre nello stesso corso poi, affrontando la tecnica del bunny-hop, ci venne detto che sarebbe stato molto meglio impararla non essendo agganciati, in quanto ovviamente questo facilita la fase di tirare su il posteriore.

Decisi quindi di andarmi un po' a documentare e quello che mi fece cambiare idea fu questo studio/manifesto (confermato poi da un amico spagnolo che faceva il biomeccanico per la squadra della Movida, quindi non il primo pirla, oltre agli studi di  Kroff -et al. Med Sci Sports Exerc 2007; 39:991-995- e Mornieux -et al. Int J Sports Med 2008; 29:817-822- ) in cui vengono smontati alcuni miti e presi in considerazione alcuni aspetti anche cognitivi, ovvero:

  •  il concetto della "pedalata totale" ovvero di sfruttare anche la parte di trazione usando i muscoli posteriori della coscia (gli ischiocrurali tra cui specialmente il bicipite femorale) è un falso mito smentito da test fatti con l'elettromiografia superficiale dove si vede che non è affatto vero che tra i 180 e i 360° usiamo quei muscoli; il corpo umano e il nostro apparato locomotorio inferiore, specializzatosi ed evolutosi nella camminata e nella corsa, è fatto per "spingere" e non per "tirare" e la maggior parte della potenza deve essere espressa con un movimento che parte dall'anca e non dal ginocchio. Se non ne siete convinti guardate il video sotto dove i risultati sono sorprendenti considerando il fatto che sono stati fatti con bici da corsa, scarpe non adatte e atleti non abituati al tipo di pedale. Comunque sia, se si pensa che con i flat si riesca ad imprimere forza solo in una piccola parte del movimento, non è affatto vero; i pin e la suola adatta garantiscono una trazione per quasi 3/4 del ciclo (direi tranquillamente fino a 220°)



  • il secondo mito da sfatare deriva dal posizionamento del piede sul pedale, che tutti ci hanno detto da 30 anni a questa parte deve essere con l'osso del metatarso (la cosiddetta "ball") coincidente con l'asse del pedale. Forse influenzati dalla biodinamica della corsa dove effettivamente si lavora meglio con la parte anteriore del piede, ci si è scordati di altri parametri come la stability, il balance, la stabilizzazione di polpaccio e caviglia quando siamo "in isometria" in discesa, ecc. Se chiedete a un bambino o a qualcuno che non è mai andato in bici di mettere un piede sul pedale lo metterà "in mezzo" perché è la posizione che dà maggiore stabilità. Questo non significa che dovremmo pedalare in questo modo (limiteremmo molto il range of motion della caviglia e la discesa del tallone, fondamentale in discesa), ma che dovremmo e potremmo avanzare di qualche cm e lo potremmo fare a nostra discrezione N volte durante il riding anche in base a come ci sentiamo e al tipo di terreno o trail (ok, anche le tacchette hanno una slitta, ma ogni volta vi fermate e via di brugola?)


  • con i pedali clipless una volta che abbiamo stabilito la posizione (meglio se aiutati da un biomeccanico) ce la teniamo per la vita delle scarpe (o del pedale) e siamo convinti di massimizzare il nostro sforzo atletico. Giustissimo se fossimo una macchina, ma il corpo umano -è stato dimostrato con molti studi- ha bisogno ogni tanto di un "noise" o di un "disordine" che possiamo indurgli continuando a cambiare la posizione e se anche andassimo a perdere qualche watt, i vantaggi a livello cognitivo li pareggerebbero. 

  • e qui veniamo al punto centrale della mia scelta: preferivo avere maggior efficienza o una tranquillità mentale e confidenza del mezzo quando mi fossi trovato in situazioni "pericolose"? La mia situazione particolare poi era aggravata da un passato trauma alla caviglia che mi aveva bloccato qualche grado di rotazione della tibia e quindi con la gamba destra avevo molto meno ROM angolare e molta più difficoltà a sganciare tramite il classico movimento di rotazione interna. Su sentieri molto esposti mi sentivo veramente confident di riuscire a staccare il piede dalla parte opposta del dirupo? Quel passaggio tecnico su rampe dove "il limite è la gravità" che solo le ebike riescono a fare, me la sarei sentita di provarlo, sapendo che se mi fossi piantato ci sarebbe stata la possibilità di cadere come un pirla (e si sa che le cadute da fermo per spalla, polso, bacino sono tremende)? Il passaggio super-ripido da affrontare quasi in surplace magari tra due rocce lo avrei considerato con il tarlo del "e se non mi stacco"? Ecco dopo una ventina di uscite ho realizzato che il mio riding stava migliorando perché avevo completamente escluso un importante aspetto cognitivo latente e recondito; ora non avevo più scuse su quell'aspetto, i decimi di secondo necessari per staccarmi e che possono fare la differenza tra la caduta e l'appoggio non esistevano più, basta ripartenze pericolose con solo un clip attaccato perché l'altro piede "non era entrato o non ho avuto il tempo di farlo", basta preoccupazione di fango nella tacchetta o sul pedale... Adesso se casco è solo colpa mia! :-)

  • sento già provenire dal fondo l'obiezione "eh, ma in discesa veloce o peggio ancora sui salti non essere attaccati è più pericoloso e mi sento come se galleggiassi..." OK. Mentirei se dicessi che messi su la prima volta mi sono trovato subito a mio agio. Le prime tre o quattro uscite sono devastanti a livello mentale soprattutto sulle partenze da fermo dove vedrete la vostra gamba che non spinge venire su a vuoto (soprattutto se avete usato gli spd da 20 o 30 anni come era il mio caso). Si tratta, come nel caso di tantissime altre situazioni, solo di allenare il nostro cervello a un nuovo "pattern" e ripeto bastano pochissime uscite. Il discorso invece del galleggiamento e del possibile "librarsi in volo" con i piedi staccati è una duplice questione: ci vogliono i pin e le scarpe adatte (vedi sotto) e bisogna porre maggiore attenzione alla nostra posizione in sella, ovvero centrale, con il peso ben distribuito e le anche sopra il movimento centrale, il tallone sempre pronto ad abbassarsi e facendo molta pressione sui pedali per dare più grip possibile alle ruote (quando ovviamente serve! qui un bel post con foto sull'argomento). Come nel caso del bunny-hop, a mio avviso, i flat sono più didattici e propedeutici a imparare meglio la messa in sella, la posizione d'attacco e il giusto equilibrio tra la proporzione di peso che diamo sui pedali e sul manubrio.


  • le scarpe flat non hanno una suola rigida! Ma serve veramente? o le scarpe con gli SPD sono fatte in questo modo perché il pedale ha una superficie minima (ridicola nel caso di quei pedali per i grammo-maniaci) e dobbiamo sfruttare un altro piano di appoggio per il nostro piede? Se questo piano me lo dà il pedale, non serve avere una scarpa che ha una soletta in carbonio con la stiffness di un pilone di un ponte e possiamo camminare in modo più comodo quando serve (oltrettutto senza la tacchetta che su roccia diventa scivolosa)

Pedali e scarpe

Se arrivati fino a qui vi ho messo un tarlo in testa e magari state pensando di fare un tentativo e dare una possibilità a pedali senza sgancio, vi dò subito una brutta notizia. Fare un test con un pedale di plasticaccia o super-economico e con le scarpe da ginnastica, non solo non vi convincerà della soluzione, ma rischia di essere anche pericoloso!

Purtroppo dovrete investire o trovare un amico "flattarolo" che vi presti il suo corredo. I veri vantaggi dei pedali flat, o comunque una minimizzazione di comportamento rispetto ai vostri vecchi e cari SPD si ottiene solo:

  • con pedali che hanno dei pin "grippanti" ahimé quasi taglienti, presenti in numero adeguato e su entrambi i lati, di forma abbastanza sottile e con il perno che vi consenta di pedalare vicino alla pedivella come facevate prima (fattore Q)
  • con scarpe nate per questo scopo con la suola gommosa e con un grado di "tenerezza" che permetta al pin di penetrare per qualche decimo di mm. e darvi la sensazione di essere comunque incollati al pedale
  • con un numero consecutivo di uscite stimabile intorno alla decina dove andrete a provare varie situazioni che di solito affrontate

Come ho descritto qui la mia scelta attuale e da molti anni è andata sui pedali HT che trovo abbiano tutte le caratteristiche di cui sopra. Ho testato negli anni i modelli AE01, AE03 e ora ho trovato il mio nirvana con gli AE05. Come si vede dalla foto, la parte di perno vicina alla pedivella è molto poco prominente rispetto al resto del pedale, cosa che invece non avviene in molti altri modelli che sono più spessi e con un "bubbone" che costringe a pedalare con distanti e con le gambe larghe. Hanno i pin intercambiabili (forniti di serie una decina di scorta) e volendo sarebbe possibile cambiare solo il perno/cuscinetto essendoci il pezzo di ricambio. Mediamente comunque a me sono durati 2 o 3 anni e dopo quel periodo o li cambio perché stufo del colore o perché bici nuova = pedale nuovo :-)

Per quanto riguarda le scarpe invece sono un Five Ten addicted e trovo che la loro suola stealth sia ancora la migliore in circolazione. Pur essendo stati acquisiti da Adidas, la qualità per fortuna non è cambiata e le mie due Impact Pro, in conformazione Low e High mi hanno accompagnato ormai per centinaia di uscite senza mai tradirmi.

Ripeto e ribadisco che i pedali flat vanno usati prevalenetemente solo con questo tipo di scarpe per avere il massimo del grip, però nulla ci toglie se facciamo commuting (es. in estate io vado spesso al lavoro con la mia e-bike) di usare una normale scarpa da ginnastica o anche altri modelli in casi eccezionali (mi vengono in mente i miei riding sulla neve dove uso uno scarponcino molto più caldo).

Altra nota che mi viene da sottolineare è di EVITARE come la peste i cosiddetti pedali doppi (ovvero su un lato flat e sull'altro clipless) a mio avviso super-pericolosi in quanto se usiamo scarpe con tacchette sulla parte flat è ovvio che non ci incastriamo bene, mentre se usiamo scarpe normali dobbiamo ogni volta perdere tempo a cercare il lato giusto. Bene invece, se proprio non vogliamo passare al "lato oscuro" dei flat, almeno quei modello con una grande piattaforma come i Crank Brother Mallet che ci danno maggiore stabilità.

 

Svantaggi

Ce ne sono? Uno di sicuro si, ed è quello che in caso di caduta o comunque di sbadatezza a toccare con la gamba i pin (soprattutto quando la stiamo spingendo), se questi sono particolarmente taglienti si rivelano delle vere e proprie trappole per i nostri polpacci o stinchi. Un parastinco potrebbe metterci al riparo, ma è roba da bike-park e non certo da uscita quotidiana. Io normalmente comunque uso abbastanza spesso una ginocchiera che scende fino a metà tibia e in qualche caso mi ha salvato sia davanti che dietro dalle "stigmate" che lasciano (eloquente la foto sotto che è diventata famosa...). Ho anche delle calze di Endura con inserti protettivi che però sono troppo calde in estate. Anche qui comunque è questione di abitudine e quest'anno -sgrat non è ancora finito- non ricordo di aver avuto nessun graffio. Inoltre ci sono pin e pin... alcuni sono delle vere e proprie armi da taglio (inutilmente direi), mentre ad esempio su quelli dei miei HT si può tranquillamente passare il dito e non ci si fa nulla.

Conclusioni

Come ho detto in apertura, pur essendo convinto sostenitore dei flat non ritengo che i pedali clipless siano sbagliati o funzionino male. Penso che chi inizia questa disciplina (soprattutto se condita da molto gravity) e ha già tanti timori e cose a cui badare, potrebbe averne una in meno che è quella di badare allo sgancio in tempo utile. Per gli altri che li usano da decenni posso solo consigliare di fare una prova prima di rifiutarli per pre-concetto. Sono parecchi gli amici a cui ho fatto cambiare idea e che mi ringraziano per la loro aumentata sicurezza.

Update 21/12/2022

A distanza di circa un mese è uscito questo video dell'amico Stefano Udeschini (lo @SteveUde che avevo citato nel disclaimer iniziale); sono molto felice di aver ritrovato nelle sua parole molti dei concetti esposti qui sopra, dall'importanza didattica al fatto che non è una guerra di fazioni o che uno esclude l'altro.

 

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