Il blog di Sandro Rizzetto

I miei 2 cents sui social (aka why I quit Facebook and Instagram)

 

Facebook

why-i-quit-facebookTL;DR:

Ho chiuso il mio account .

Non sono il primo (anche tra i miei più cari amici c’è chi ci ha provato) e forse –lo dico subito- non è detto che dopo un periodo di disintossicazione non lo riapra.

Tutto è nato a fine ottobre quando a causa di un piccolo intervento ad un piede dovevo rimanere in convalescenza a casa. Dovendo passare tante ore sul divano con il laptop sulle gambe, avevo preso la decisione di non sprecare le ore extra-lavoro nello scorrere infinite timeline di socials, ma di dedicare il prezioso tempo che avevo a disposizione per arricchire il mio bagaglio tecnico con corsi online (Udemy soprattutto, ma anche ebook, blog, e tutorial Youtube). Alla fine dei 15 giorni, sapevo usare molto meglio Photoshop e Premiere, avevo approfondito parti di .Net Core,  avevo imparato tecniche di montaggio video e di colorimetria ma soprattutto… Fb non mi era mancato affatto!

Tra i motivi che il social di Zuckenberg ti propone quando decidi di disattivare il tuo account troviamo:

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A parte il punto 3 che è sicuramente vero (anche se bisognerebbe stabilire quanto è “troppo”), negli altri punti non ho trovato esattamente quello che provavo in quel momento e cercherò di spiegarlo invece qui.

Di sicuro NON per il “fattore privacy”: metto in piazza i miei fatti da più di 20 anni con questo sito, quindi sarei un pirla se me ne preoccupassi solo adesso. E neppure per il “fattore fakenews”: sono certo che dietro l’ascesa di certe parti politiche, in Italia come in USA, ci sia dietro l’aiutino di bot e campagne mirate, ma ho la presunzione di credere che le mie idee o orientamenti non sono così condizionabili da post o commenti.

Il “fattore noia” o “ripetitività” è invece sicuramente uno dei principali motivi. La leggenda metropolitana che noi vediamo solo i post di 25 amici è probabilmente una bufala, ma non si discosta molto dalla realtà. Il primo colpevole sono proprio io stesso e se penso alla monotonia delle mie timeline (foto di giri in bici o sciate per l’80% ) mi chiedo come a distanza di anni ci sia ancora qualcuno che avesse voglia di mettere like. Intendiamoci, i contenuti possono –e lo erano- essere anche super-interessanti e belli, ma dopo anni sempre quelli erano e solo vedendo il nome dell’autore potevo immaginare cosa stessi andando a leggere di lì a poco.

Il “fattore stupidità/ignoranza” per mia fortuna non era presente nei post degli stretti friend (ho la presunzione di scegliermi amici intelligenti!) ma lo era ampiamente nei commenti su fatti di cronaca o in quei pochi gruppi generalisti (es. seidise…) dove al terzo commento su un post di qualsiasi argomento si scatenava un flame. Di nuovo, perdere il proprio tempo a legger de stupiditate humanii, non era molto intelligente.

Il “fattore invidia” non l’ho mai negato. Ero conscio che certi miei contenuti (un giro in bici o un sellaronda fatti di giorno lavorativo) potessero scatenare invidia, ma ho sempre pensato “se vedere questa cosa ti fa rabbia, sei scemo a seguirmi o a usare FB”.  Nel momento dell’invalidità temporanea quando alla prima foto di una pista innevata ho realizzato di provare invidia, non ci ho pensato un attimo a chiudere baracca e burattini.

E gli altri social ?

Instagram

UPDATE 31/12/2019: Ho chiuso anche Instagram (della serie "un social chiuso all'anno, toglie il medico..." ah no non fa rima). I motivi? Simili se non uguali a quanto sopra: invidia delle attività sportive quando sono infortunato, sempre le stesse foto che girano, appiattimento (anche se su livelli medio alti) della qualità, o meglio, decadimento dell'originalità.

Su Instagram ho un account molto verticale dedicato solo ai giri in bici, ma penso sia il prossimo candidato alla chiusura. Essendo un amante della fotografia sembra strano che non sia un fervido utilizzatore o fruitore di questo social, ma lo amavo molto di più quando era solo un mezzo per pubblicare scatti istantanei fatti con lo smartphone. Oggi è evidente che moltissimi pubblicano foto realizzate con reflex o mirrorless e ampiamente post-prodotte; non che ci sia niente di male, sono il primo sostenitore della post-produzione che ritengo una parte essenziale e fondamentale dell’hobby delle fotografia. Solo che allora, se proprio voglio vedere belle foto di gente più brava di me, mi oriento su siti come 500px, il fu-Flickr o anche solo Juza dove per lo meno posso vederle a una risoluzione decente e con aspect-ratio umani.

E poi anche qui, per mia colpa che ho scelto di seguire pochi account e quasi tutti locals o associati al tema della MTB, sono sopraffatto dalla noia. Il Lago di Braies, la chiesetta della Val di Funes, le Tre Cime di Lavaredo e i panorami dell’Alpe di Siusi mi vengono fuori dal c… (scusate il francesismo), ma ripeto qui è solo questione di aver tempo e andarsi a cercare account extra-südtirol o extra-ciclistici (ogni volta che esce qualcosa del mitico Steve McCurry ho un sussulto di commozione…).

E poi, francamente, il discorso dei like e della notorietà mi ha sempre, non dico disturbato, ma almeno fatto sorridere. È noto infatti che per ricevere un sufficiente numero di followers e aumentare la popolarità del tuo canale, la qualità delle foto non è il primo fattore. Come ben spiega qui l’amico Walter, che per suoi meriti ampiamente riconosciuti (lo chiamo magister mica per niente) oggi viaggia a cifre da 3 zeri di like a foto, per conquistarsi una larga fetta di pubblico bisogna:

  • essere “verticali” ed avere un account che tratta un argomento specifico (e io con la mtb c’ero)
  • condire bene il tutto con commenti e hashtag ben scelti (e a fatica lo faccio)
  • passare almeno un mesetto a dare like in giro a destra e a manca (anche se la foto fa schifo) e followare persone che non sanno neanche farsi un selfie solo con l’intento del “contraccambio” (e qui mi sono sempre rifiutato, ed infatti non sono mai andato sopra i 70 like a foto :-) )

Cito testualmente la spiegazione che mi hanno dato di social engagement: “… tutte le volte che ti siedi sul cesso comincia a scegliere un tag, esempio #mtb e comincia a likeare tutto senza star neanche a guardare, fai lo stesso per altri 3/4 tag e vedrai che comincerai a essere followato e rilikeato. Non fare lo schizzinoso e metti like a tutto anche se le foto fanno cagare.”  (d’altronde sei sul cesso NdA)

È un po’ la vecchia storia dei forum sopracitati dove per farti guardare il tuo book sei costretto ad inondare altre foto di “uhh nice colors..”, “hmm great composition”, “wow, what a wonderful dof”. Signori, se lo vediamo in Black Mirror (Nosedive, S03E01), ridiamo e pensiamo che è distopia, ma è molto simile a quello che avviene nella realtà. E se lo scopo è arrivare ad un numero sufficiente di followers per farsi pagare dalle ditte (in denaro o in prodotti), non ci penserei due volte –pecunia o prodotti gratis da testare non olet- ma visto che il mio target e i miei skill (sia fotografici che di rider) mi avrebbero confinato al massimo ad avere un paio di centinaio di persone, anche no, grazie.

Twitter

Passiamo a Twitter. All’inizio lo usavo per qualche post tecnico, spesso in inglese, che mi serviva più come mio pro-memoria stile knowledge base (poi ho iniziato a segnarmele su evernote e fanculo lo sharing); successivamente è diventato il repository di mini-recensioni da 140 (adesso 280) caratteri di #filmVisti, #serieViste, #libriletti (e anche #birreBevute!). Gli stream sono comunque “grabbati” da un mio servizio che li storicizza e li pubblica sul mio sito, quindi gli orfani di FB di queste mie mini-reviews li possono sempre leggere qui.

La mia fruizione da lettore del social cinguettante è diventata più frequente negli ultimi anni, in quanto alcuni profili che seguo sono divertenti, interessanti, colti, scanzonati e soprattutto “di varia umanità” (dalla satira, alla scienza, dalla politica allo sport, dai gattini alla vita sociale quotidiana). Certo anche qui non bisogna fare l’errore di entrare nei commenti di un cinguettio perché è molto probabile che ci sia in corso una faida tra vari @napalm51 che si scannano tra tesi no-vax, terrapiattiste anti-pro-fascio-comunisti-leghisti-grillini-eilpdallora :-(

Linkedin

Infine LinkedIn, che ho da poco riscoperto, rivalutato e che mi auguro non venga depauperato e ridotto anch’esso come gli altri. Alcuni brutti segnali ci sono: se fate una ricerca “linkedin is not facebook” vedrete che già da un paio di anni c’è chi mette in guardia da una zuckenberghizzazione del social di microsoft e alcuni post di questi giorni in stile “you did a great job XXX [mettere nome di un collega]”  mi fanno giá venire i brividi. Io nel mio piccolo cercherò sul mio account di condividere nient’altro che “roba tennica” sia personale che inerente la mia società, evitando di sicuro meme, frasi da Osho o banner motivazionali che vedo vanno per la maggiore.

Insomma, anche se non sarò più su FB avete capito dove trovarmi. Di sicuro spero di tornare a scrivere di più qui sul mio blog, perché come disse Scott Hanselman in tempi non sospetti “blog more, tweet less…”

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